La categorizzazione concettualizzata (che non spiegherò in dettaglio) è in sostanza legata alla tendenza di una persona di esercitare un'azione più o meno vantaggiosa verso sé stessi e/o verso gli altri, individuando così quattro quadranti:
1. Chi è vantaggioso per sé stesso e per gli altri è intelligente
2. Chi è vantaggioso per sé stesso ma svantaggioso per gli altri è un bandito
3. Chi è svantaggioso per sé stesso ma vantaggioso per gli altri è uno sprovveduto
4. Chi è svantaggioso per sé stesso e svantaggioso per gli altri è uno stupido
La stupidità è un concetto fumoso e assai difficile da inquadrare. Essa soffre di un grave problema definitorio e costituisce un lampante esempio dell'incomputabilità della natura umana. Il sistema di cui sopra descrive - in maniera anche abbastanza concordabile - un modello di pensiero che inquadri l'utilità delle azioni verso un fine più o meno condivisibile.
Tuttavia, io sono più propenso ad un modello di pensiero che non cerca di descrivere le azioni di una persona con tono accusatorio o sprezzante. Per quanto una azione possa sembrare scellerata, idiota, assurda o insensata, è abominevole erigersi al di sopra degli altri ed arrogarsi il diritto di giudicarli con disinvoltura, come se un'azione altrui possa, se osservata sfavorevolmente, legittimare al punto da quasi obbligare tale comportamento. Si tenga conto dell'innegabile evidenza che ad ogni azione è corrisposto un motivo ben preciso; c'è sempre un perché delle cose (da non escludere proprio la stupidità come possibilità, ma per un motivo radicato in altra sede e dunque costituendo più una conseguenza che causa). Giudicare, spesso senza approfondire, rischia di ridurre l'armonia tra le persone ed ampliare le distanze, fomentando odio e perenne incomprensione.
La modellazione dell'etica comune, ascrivibile alla Teoria dei Giochi, si prepone di soddisfare gli interessi trovando equilibri: situazioni in cui ambo le parti vedono i loro interessi soddisfatti, o perlomeno non gravemente sfavoriti gli uni rispetto agli altri. Si tratta spesso di una visualizzazione assai egoistica e felina del mondo, che esplicita quasi un bisogno carnale di individuare nel prossimo un nemico, un elemento da abbattere per soddisfare i propri interessi, e, se entrambi applicano correttamente la teoria, non saranno sfavoriti. Se, nella loro "stupidità" dovessero permettersi di agire altruisticamente, non nel pieno dei loro interessi, si troveranno un nemico che non avrà pietà nel prendersi tutto. La Teoria dei Giochi (almeno in parte) si sviluppa proprio come strumento di modellizzazione dell'interazione tra agenti razionali nel contesto di situazioni di conflitto, configurandosi così come un cinico dispositivo di guerra. In questo modello razionale-conflittuale, l’altruismo è visto come debolezza sfruttabile. L'individuo che riesce a realizzarsi nella vita è visto come intelligente.
Come accennato prima, lo spartiacque tra intelligenza e stupidità (disclaimer grande quanto una casa PER MIA OPINIONE) è radicato altrove. La differenza tra uno stupido e un intelligente è la propensione a conoscere. La curiosità, la voglia di elevare il proprio pensiero. Uno stupido è una persona che preferisce non sapere, che non si domanda il perché delle cose. Una persona che non va a fondo e rimane nel buio della propria ignoranza per propria spontanea volontà. Coloro che sono i primi a parlare ma gli ultimi per conoscenza del tema trattato, spesso spargendo disinformazione. Questa, a mio avviso, è la chiave di lettura che permette di discernere al meglio le due categorie.
Dunque non è, sempre secondo la mia visione del tema, una questione d'interessi propri o altrui, ma la volontà di conoscere. C'è chi, addirittura, pensa che la distinzione sia da individuare nell'attitudine all'apprendimento scolastico, una mostruosità.
Una persona può così essere estremamente intelligente, e preferire di usare il proprio intelletto per scopi nefasti, il tipo di persona più miserabile. Chi invece, è intelligente e decide di usare il proprio intelletto a fin di bene, agisce spesso contro i propri interessi.
La sensibilità verso il sapere, verso la comprensione profonda delle cose, è la spinta che permette di superare il limitato orizzonte dell’interesse immediato, e di aprirsi ad una visione più ampia e consapevole del mondo. L’assenza di tale curiosità condanna l’individuo ad un immobilismo mentale che, più che definire la persona, ne restringe il potenziale e ne riduce l’impatto sulla realtà circostante. In questa prospettiva, l’intelligenza non è un mero strumento strategico, ma un atto di volontà: la decisione costante di interrogarsi, di imparare e di evolvere, ed usare la propria conoscenza per condurre una vita altruista, vivere una vita di rinunce e preferire la felicità degli altri alla propria è ciò che solleva davvero l'animo. Orgogliosamente sprovveduti, sempre.
P.S. Sono tendenzialmente realista nel leggere le persone, e ciò mi spinge a guardare il mondo in termini strettamente probabilistici, come ogni cosa in natura. Esiste dunque una probabilità di sbagliare o di agire male. Esiste una probabilità che non sia possibile agire in modo da favorire i propri interessi o quelli degli altri, che la persona agisca con informazioni false, obsolete, ecc. Questo è l'ultimo chiodo nella bara dell'argomentazione della stupidità orientata all'interesse. Riconosco che il saggio da cui deriva questa visione è di natura satirica, ma le implicazioni sono realissime e la discussione associata è comunque un interessante spunto di riflessione.